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Ernia del disco: un aiuto dalla "PLDD"
Il trattamento laser percutaneo decompressivo (PLDD)
mediante fibre ottiche a contatto secondo il Metodo Choy:
una nuova "arma" di terapia mininvasiva per il trattamento delle
ernie del disco
a cura del Dr. Gian Paolo Tassi (Specialista
in Neurochirurgia)
www.erniadeldiscolaser.it
a alcuni anni
il mondo della chirurgia (ortopedica e neurologica) è in
notevole fermento per la ricerca di procedure chirurgiche sempre meno invasive
ai fini del trattamento delle patologie della colonna vertebrale in generale
e delle ernie del disco in particolare. Ciò si è reso necessario
per la evidenza di risultati spesso insoddisfacenti che derivano “dall’aggredire” in
modo classico (comprendendo con tale termine anche l’approccio microneurochirurgico)
, da parte di noi chirurghi, la colonna vertebrale. Non mi stancherò mai
di ripetere ai miei pazienti, anche ai fini di una corretta igiene di vita
(evitare il sovrappeso, corretta impostazione della postura, attività fisica
appropriata ecc..), che la colonna vertebrale rappresenta la struttura portante
del nostro corpo e come tale essa và considerata e preservata.
Un grande passo avanti è stato fatto alla fine degli anni ’60
quando vi fu la diffusione del trattamento con il microscopio operatorio delle
ernie discali ed iniziò la obsolescenza della tecnica chirurgica ortopedica
macroscopica (ovvero senza l’utilizzo del microscopio operatorio). Oggi
si vanno affermando sempre più le procedure chirurgiche percutanee
ed endoscopiche nel campo specifico.
La PLDD (Percutaneous Laser Disc Decompression) si
inserisce proprio in tale contesto. Il Prof.
Daniel S.J. Choy della
Columbia University di New York è stato l’inventore
della PLDD a metà degli
anni ’80, quando ancora la procedura era in fase sperimentale e
la Food
and Drugs Administration (FDA) Americana (della quale è ben
conosciuta la serietà e rigidità) si accingeva a “passarla
al setaccio” per
approvarla o meno nell’uso clinico corrente; ciò avvenne,
in senso positivo, nel 1991. Da quella data la PLDD ha subito continue
e graduali
evoluzioni ed il Prof. Choy ha eseguito circa 3000 PLDD trattando ernie
discali cervicali, toraciche e lombari.
Numerose sono le testimonianze
sulla sua attività pionieristica
nel campo della applicazione laser in medicina. Molto spesso i pazienti
sono attratti dalle tecnologie avanzate in campo medico-chirurgico equiparando
l’utilizzo delle stesse con sicura e migliore riuscita della terapia.
Il laser certamente rappresenta uno strumento tecnologico prezioso ed
in continua evoluzione; esso viene usato in svariati settori che spaziano
dalle applicazioni
industriali (produttive ma anche “distruttive” purtroppo),
alla ricerca del nostro passato (datazione di residui archeologici), alla
medicina
e chirurgia. In sostanza il laser è uno strumento e come tale può essere
utilizzato in tanti modi diversi; a tal proposito tengo a precisare che
anche in campo chirurgico così come nella chirurgia mininvasiva
dell’ernia
del disco può essere applicato in tanti modi diversi.
Le caratteristiche
principali e peculiari della PLDD sono numerose: per la sua esecuzione
si utilizza l’anestesia locale (da non confondere con la anestesia
spinale nella quale il paziente è comunque sveglio ma tutta la
parte inferiore del corpo è anestetizzata); è applicabile
, oltre che in un ampio gruppo di ernie discali (ma non tutte ed è bene
sottolinearlo), anche nelle protrusioni discali (esse rappresentano una
sorta di iniziali
ernie del disco) nelle quali la indicazione chirurgica “classica” non
andrebbe posta. Ciò consente il vantaggio di poter trattare pazienti
affetti da patologie che rappresentino un aggravio di rischio in condizioni
di anestesia generale così come pazienti anziani.
Le protrusioni
discali, anche se anatomicamente definibili - come detto prima – come
una forma iniziale di ernia discale, possono essere particolarmente fastidiose
e ribelli
a numerose terapie conservative farmacologiche o fisiche. Spesso il paziente
affetto da questo tipo particolare di ernia si sente come disarmato e
senza possibili risoluzioni (le terapie esperite non sortiscono efficacia
ed il
chirurgo gli conferma la non indicazione chirurgica). Anche le recidive
erniarie post-chirurgiche (e non sono poche !!!) possono giovarsi del
trattamento con
la PLDD (in tali casi la percentuale di esiti positivi è però statisticamente
inferiore: dell’ordine del 70% anziché dell’89%).
La
PLDD consente un recupero rapido delle attività quotidiane e lavorative
del paziente (solitamente nell’arco di 2-3 settimane) con notevoli
risvolti positivi a livello economico-sociale. La non necessità di
incisioni chirurgiche, di scollamento dei muscoli dalle strutture ossee,
di asportazione
anche se in minima parte di emilamine vertebrali determina l’assenza
di problematiche tipiche della “chirurgia classica” come la
formazione di aderenze periradicolari, dolori cronici da danno muscolare
e, a volte,
anche instabilità del rachide con conseguente necessità di
reintervento.
Tecnicamente la PLDD consiste nell’introduzione di
un ago sottile nella regione lombare che progressivamente deve giungere
all’interno del nucleo
polposo (esso rappresenta la parte centrale e molle del disco circondato
a sua volta da una componente densa detta anulus fibroso) del disco
intervertebrale erniato; attraverso l’ago una esile fibra ottica
laser viene posta a contatto con il nucleo polposo e si inizia la “laserizzazione” dello
stesso. Il target deve essere raggiunto rispettando rigorosamente alcuni reperi anatomici per non incorrere nella lesione di organi vascolari
e viscerali
importanti. Altrettanto importante è il lato dell’approccio
e la porzione di nucleo polposo raggiunta in quel determinato caso.
La potenza del singolo impulso laser, il numero di impulsi e la potenza
globale
erogata
nonché le pause tra i singoli impulsi vanno individualizzate
e sono estremamente importanti. Il laser determina una vaporizzazione
di
una piccola
quota del nucleo polposo ma, seppur piccola, sufficiente a determinare
una netta e marcata riduzione della pressione dell’ernia sul nervo
compresso e sofferente. Da quanto appena detto emerge chiaro come l’obiettivo
finale della procedura non è la rimozione anatomica dell’ernia
ma la risoluzione di un “conflitto pressorio” tra ernia
e nervo (ciò deve essere ben spiegato al paziente).
Il paziente deve osservare 24 ore di riposo assoluto.
I risultati della
PLDD, se vengono
rispettati rigidamente
i criteri di inclusione, sono di circa il 90% (importante è sottolineare
a tal proposito che ai pazienti che non ottengono risultati con la PLDD
non è precluso
in alcun modo il ricorso alla procedura chirurgica “standard”)
e le complicanze dello 0,5%; queste ultime sono essenzialmente
rappresentate dal possibile sviluppo di una discite (ossia la infezione del disco
intervertebrale) nonostante si pratichi al paziente una ottima profilassi
antibiotica.
La discite è un
evento “fastidioso” e spesso lungo ma comunque risolvibile
con il prolungamento della antibiotico terapia ed il riposo assoluto
per alcune
settimane.
Le non indicazioni alla PLDD sono rappresentate dalle ernie
discali completamente espulse, da quelle con componente migrata e da
quelle calcificate;
inoltre, anche i pazienti che presentano bolle d’aria all’interno
del disco intervertebrale (il cosiddetto vacuum discale) o che hanno
lo stesso completamente degenerato e marcatamente assottigliato non
si giovano
del trattamento.
Le diatesi emorragiche e la presenza di spondilolistesi di grado medio
o severo rappresentano le uniche vere e proprie controindicazioni. I
pazienti sottoposti
a PLDD, in un arco di tempo di 5 anni, hanno il 3% circa di possibilità di
ricaduta a causa dell’ernia trattata ma, come facilmente prevedibile,
essa può essere ripetuta senza alcun problema.
In definitiva la PLDD secondo Choy rappresenta al momento la metodica
maggiormente mininvasiva ed al contempo più conservativa nel
trattamento delle ernie discali intervertebrali.
Da circa 16 mesi ho avuto l’onore di introdurre la PLDD (solo per le
ernie lombari per il momento) secondo Choy in Italia dopo aver avuto la fortuna
di aver eseguito training specifici sotto la sua diretta supervisione al Laser
Spine Center. Presto mi recherò nuovamente da lui per pianificare la
introduzione in Italia anche della PLDD per le ernie cervicali e dorsali così come è mia
ferma intenzione integrare la stessa con la endoscopia spinale per costituire
così il primo centro in Italia dedicato specificatamente al trattamento
mininvasivo delle patologie discali di tutta la colonna vertebrale ed avere
una copertura a 360° sul fronte delle stesse.
Il futuro della chirurgia
mininvasiva della colonna vertebrale è appena agli inizi ed il motto
che dovrà giudarla sarà, come amano dire negli Stati Uniti: “LESS
IS BETTER BUT LESS IS MORE”.
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