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Tradizioni e Folklore in Penisola Sorrentinadi Salvatore Cangiani
Terra di antichissima cultura pagana, prediletta dai grandi dell’Impero di Roma, la propaggine dei Monti Lattari che, con il suo suggestivo alternarsi di valli ed alture, forma la Penisola Sorrentina, fu evangelizzata fin dagli albori del Cristianesimo, ad opera, secondo alcuni, dello stesso apostolo Pietro. Ben presto ai miti greco-romani cominciarono a sovrapporsi le nuove credenze, al culto delle divinità classiche quello di Cristo, della Vergine e dei Santi, agli splendidi templi marmorei, disseminati per lo più lungo la costa, altrettante chiese paleocristiane. Di tali trasformazioni è ancora oggi sicura ed esplicita testimonianza
la stessa toponomastica, come dimostrano le località che derivano
il proprio nome dalla presenza di ville patrizie e imperiali, ad esempio
Cesarano da Cesare, Nerano da Nerone, Puolo da Pollio Felice e così via. Altri esempi ci vengono offerti dall’Abbazia Benedettina di Crapolla, eretta su un tempio di Apollo, cioè Ara Apollinis, il villaggio di Metrano, dove sarebbe esistito un tempio dedicato al dio Mitra, per non parlare infine del culto delle Sirene, da cui prese il nome l’intero promontorio (Sireon). Se è vero che questa profonda, anche se non rapida, metamorfosi non fu esclusivo appannaggio del comprensorio sorrentino interessò praticamente tutte le regioni occidentali e particolarmente la Magna Grecia, altrettanto certo è che i riti, le feste, i costumi pagani, lungi dallo scomparire, finirono con l essere inglobati e adattati alle frequenti e molteplici manifestazioni della nuova religiosità popolare. Si pensi, tanto per restare in Campania, al Carro di Mirabella Esclano (Avellino), imponente obelisco di grano trainato dai buoi, nato come ringraziamento alla Dea delle messi per l’abbondante raccolto, ed oggi dedicato all’Addolorata (15 settembre). Oppure ai celeberrimi Gigli di Nola dove, secondo molti studiosi, i
complessi ed altissimi macchinari a forma di guglie, trasportati a vertiginosi
ritmi
di danza da orde di giovani seminudi, altro non sarebbero stati, alle
origini, che simboli fallici, svettanti in una sfrenata atmosfera di
euforia popolare,
per celebrare la potenza virile ed il rito della fecondità. Per quanto le feste cristiane appaiano oggi molto depurate da siffatti ibridismi, pure non è del tutto scomparsa, anzi nei tempi recenti sembra addirittura rafforzata la discutibile tendenza a trasformare le ricorrenze religiose in altrettante propizie occasioni per allestire mercati, sagre culinarie, spettacoli musicali con la rockstar di grido, serate di liscio e fuochi d'artificio. Fig. 1 - Fuochi d'artificio
a Marina Grande (Sorrento).
Fig. 2 - Sorrento, bancarella di un venditore di 'père e musso' durante la festa di Santa Lucia. (Copyright 2004 G. Ruggiero - Riprod. vietata) Con la scusa dei “festeggiamenti esterni”, detti anche “civili”, la gente si abbandona ad una spensierata allegria, magari senza gli eccessi di un tempo, con la tacita benedizione del clero che, pateticamente, cerca di camuffare il tutto con l’abusata etichetta di “momento di fraternità e di sano divertimento spirituale”, benché di spirituale non ci sia proprio nulla, nell’ingozzarsi alle sagre mangerecce del pomodoro, della melanzana, del peperone, della salsiccia e del pesce, opportunamente innaffiate dai generosi vini locali. |
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