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- Sorrento nella Poesia -

Saltovar

di

 

Contemporaneo del Califano è Silvio Salvatore Gargiulo, in arte Saltovar (Sorrento,1868-1944), carattere multiforme, passionale e versatile, rimasto famoso per l’impegno politico, giornalistico, imprenditoriale e soprattutto per la sua generosità con cui volle arricchire Sorrento di lasciti, doni, opere d’arte.

La sua vasta e complessa produzione poetica e letteraria, che spazia tra tutti i generi, fino alla prolissità, non è ovviamente bastata ad assicurargli quella gloria che egli aveva caparbiamente inseguito con la sua frenetica attività di poeta civile, sacro, occasionale, spesso manierato e ossessivamente celebrativo.

Tuttavia va riconosciuto alla mole delle sue opere un valore di preziosa testimonianza, essendo egli stato lo spettatore che, a cavallo tra i due secoli, più e meglio di ogni altro ha saputo cogliere i cambiamenti epocali che andavano trasformando il volto bucolico e marinaro della sua città in quell’agglomerato edilizio, con cui essa ha pagato il suo amaro e pesante tributo al turismo di massa e alla modernità.

Restano pertanto, nelle sue poesie più riuscite, i costumi, i colori, i silenzi e le armonie di un popolo e di una natura superba, colti nel loro lento e inesorabile offuscarsi di fronte al “progress” che avanzava, deformando e talvolta massacrando, per l’interessata insipienza degli uomini, l’immagine impareggiabile di un territorio unico al mondo.

E così, come in un affresco ingiallito dal tempo, resta un vago incanto sospeso, l’eco tenace e dolente di una stagione irripetibile, le tinte sfumate delle memorie, la sottile malinconia d’un crepuscolo.

Ed in questa sospesa atmosfera, vivranno per sempre i personaggi del popolo, le donne prosperose e civettuole, le tradizioni campestri e gli angoli più raccolti e sereni della città e della ubertosa campagna, con le sue case rurali e le terrazze fiorite, le serenate e gli amori.

Poeta della natura, e dell’amore, Saltovar si rivela realmente tale quando, sull’onde di un autentica e profondo sentimento di tenerezza, scioglie il suo inno e Sorrento:

“Appena schiude l‘alba, ogni matina,
na luce ‘int’e ciardine comma ll’oro
pe’ tutta chesta terra surrentina
nu canto ‘e mille voce siente a ccoro.
Quanno te vasa ‘o sole e t’accarezza ‘o viento,
Surriento mio, Surriento
cchiù me ‘ncatine a tte...”

Saltovar predilige il valore musicale del verso, le parole melodiose e limpide in cui traduce i suoi momenti di grazia, di estasi o di passione:

“Quanno canta stu mare ‘e Surriento’
ogni scuoglio addeventa sirena:
l’accumpagna cu ‘a museca ‘o viento,
quant’è bello a sentirlo ‘e canta'!

Quant’è bello a senti’
‘a canzone d’’o mare ‘e Surriento,
cu na refola ‘e viento ca nce mmita a veni’.
Qje Luci’...

Ne luce ‘int’’e ciardine comma ll’oro...”

E’ questa la luce in cui palpitano le innumerevoli vedute di Sorrento, dei suoi colli e delle sue manine, nei celebri quadri dell’Ottocento dei più famosi pittori, soprattutto romantici, e che oggi si trovano nei Musei di tutto il mondo, a testimoniare l’eterna bellezza di una terra, che fu da sempre il regno incontrastato del sogno e della poesia.

 

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