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- Il Territorio -

Gli Ex-Voto Pittorici Marinari
dedicati a Sant'Antonino Abate

di Nello Pane

 

Il termine ex-voto deriva dall'espressione latina ex voto suscepto, che significa letteralmente "secondo il voto fatto", ed è utilizzato per designare un oggetto offerto alla divinità come ringraziamento per un beneficio ricevuto.

Nella storia del Cristianesimo molte manifestazioni e realizzazioni sono di tipo votivo; tra quelle più popolari, particolare interesse rivestono le cosiddette tavolette ex-voto, ovvero rappresentazioni pittoriche del pericolo affrontato (incidente, malattia, naufragio) risoltosi positivamente grazie all’intervento divino. Gli ex-voto rientrano appieno nella strategia comunicativa della Chiesa Cattolica la quale ha sempre fatto largo uso della comunicazione visiva per la traduzione alle masse del messaggio evangelico [1].

Siffatte tavolette votive sono dei veri e propri documenti e, ad una lettura attenta, sono in grado di offrire tutta una serie di informazioni utili alla ricostruzione del contesto economico, sociale e culturale delle rispettive aree geografiche di provenienza [2] che, incrociate con fonti di altro tipo, possono aiutare a raccontare in modo originale uno spaccato di vita di una certa comunità.

La conformazione del territorio della Penisola sorrentina ha fatto sì che da sempre i suoi abitanti imparassero a vivere del mare e sul mare.
Eccellenti e stimati navigatori sin dal periodo greco-romano, è nell’Ottocento che il rapporto dei sorrentini con il mare diviene più totalizzante, articolandosi in una molteplicità di direzioni: pesca, piccola e grande cantieristica, potente classe armatoriale, istituzione di scuole nautiche, associazioni di mutuo soccorso tra naviganti, assicurazioni, manifestazioni di folklore e religiosità marinara. E’ da questo importante passato che provengono i circa 220 ex-voto pittorici marinari conservati nelle chiese della Penisola sorrentina, di cui ben la metà custodita nella basilica di Sant’Antonino, Patrono di Sorrento.

Scendendo nella cripta della chiesa si possono ammirare una parte dei 110 ex-voto pittorici conservati, la cui datazione va dai primi anni del XIX sec. alla metà del XX.

L’ex-voto marinaro è generalmente caratterizzato (ma non mancano “anomalie”) dalla ripetizione della medesima struttura compositiva che ripartisce la scena in tre campi, abbastanza ben distinti tra loro, e che fa sembrare i dipinti tutti uguali.

Al centro della tela è riprodotta molto realisticamente la situazione d’emergenza affrontata, con in primo piano l’imbarcazione, ripresa di fianco, in balia della tempesta. Dalle vele stracciate e dagli alberi spezzati si evince la violenza del fortunale. Gli uomini dell’equipaggio, quando raffigurati, sono poco più che puntini di colore, indistinguibili l’uno dall’altro.

In alto, lo spazio riservato alla divinità. Squarciando il cielo tempestoso, la figura del Santo protettore (o, anche, di più santi) o della Madonna, suggerisce che di lì a poco interverrà il miracolo a calmare la burrasca. Trovandoci nella basilica a lui dedicata, è qui prevalentemente raffigurato Sant’Antonino, nella sua iconografia classica: tonaca bianca e pazienza nera; pastorale e libro sacro in mano, spesso nell’atto di calpestare Satana.

Sotto, una didascalia descrive concisamente la situazione e indica le coordinate geografiche del luogo e la data dell’avvenimento, nonché nome e tipo dell’imbarcazione e suo capitano o armatore [3].

Nell’Ottocento, dunque, le attività legate alla navigazione coinvolgevano una buona parte della popolazione della nostra Penisola e in particolare gli abitanti della cosiddetta Piana di Sorrento (corrispondente agli attuali comuni di Sant’Agnello, Piano di Sorrento e Meta).

Nei cantieri delle marine di Cassano e Alimuri si costruivano in gran numero brigantini e brigantini a palo (evoluzione del primo e più adatto alla navigazione oceanica cui si dedicarono i sorrentini a partire dagli anni settanta del XIX secolo), che sono, per l’appunto, i velieri più raffigurati nelle tavolette votive dedicate a Sant’Antonino. Analizzandole possiamo risalire alle rotte commerciali più collaudate di quell’epoca, e verificare che gran parte di tali traffici si svolgeva tra il Mediterraneo e le coste settentrionali del Vecchio Continente e, da un certo punto in poi, tra il Nord America e l’Europa. Così come possiamo scoprire i casati armatoriali più potenti impegnati in quest’avventura, i cui nomi ricorrono spesso nelle didascalie: Cacace, Cafiero, Maresca, Ciampa, Petrelluzzi.

L’importanza degli ex-voto pittorici marinari, quindi, non è da rintracciare soltanto nella loro sostanza materica (di ben poco valore monetario se si eccettua qualche cornice costosa, più che preziosa), né nella loro eventuale bellezza (alcuni sono indubbiamente dei veri e propri capolavori) ma, soprattutto, in quanto segno di qualcos’altro: «ogni oggetto materiale implica una sua immaterialità» [4]. Dietro l’oggetto ex-voto ci sono uomini inseriti in una rete di relazioni, contesti e significati. Rete che lo sguardo antropologico cerca di portare alla luce.

Guardando ancora una volta quei quadri (ognuno dei quali testimonianza incontrovertibile dell’avvenuto prodigio divino), e rimanendo affascinati dalla loro bellezza e precisione, ci si può fare un’idea, anche se vaga e lontana, dei tremendi pericoli cui andava incontro all’epoca chi, per scelta o povertà, decideva per la vita di mare; e si possono forse meglio comprendere le parole di un vecchio proverbio in uso tra i marinai delle nostre coste che così recita: «si vaje e tuorne già he fatto ‘nu buono viaggio» [5].

 

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Riferimenti bibliografici:

[1] Pietro Clemente, “La ricerca della grazia. Tutela pubblica e comprensione intellettuale degli ex-voto”, in AA. VV., “Pittura votiva e stampe popolari”, Milano, Electa, 1987, p.19
[2] Roberto Togni, “Gli ex-voto e la storia della cultura popolare”, in “Società e Storia” numero 4, 1979, p. 207
[3] Lello Mazzacane, “Forma e struttura dell’ex-voto marinaro”, in Lello Mazzacane (a cura di), “La cultura del mare nell’area flegrea”, Bari, Laterza, 1989, p.122
[4] Bravo Gian Luigi, Tucci Roberta, “I beni culturali demoetnoantropologici”, Roma, Carocci, 2007, p. 51
[5] Roberto Vittorio Romano, “Viento ‘mpoppa”, Massa Lubrense (NA), 1984, p. 37

 

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